Artrite reumatoide: identificati fattori connessi a remissione prolungata

I pazienti con artrite reumatoide trattati sia con un anti-TNF che con metotrexate hanno maggiori probabilità di ottenere una remissione prolungata rispetto a quelli trattati con soli anti-TNF, e le donne ed i soggetti con una maggiore attività della malattia all’inizio del trattamento hanno minori probabilità di ottenere questo esito, definito come una remissione di almeno 6 mesi.

Secondo Philip Hamann dell’Università di Bath, autore della revisione di 6 studi che ha portato a queste conclusioni, le evidenze al momento sostengono le strategie gestionali in vigore, con prescrizione di metotrexate e target sulla bassa attività della malattia. Quanto riscontrato suggerisce che i parametri oggettivi di gravità della malattia possono non dire tutto sul modo in cui essa viene gestita, dato che anche se l’infiammazione viene trattata molto bene il paziente manifesta affaticamento o stress sul lavoro che possono risultare rilevanti sul modo in cui in ultima analisi egli si sente.

E’ dunque opportuno stabilire un dialogo e tentare di rivelare i motivi per cui i farmaci potrebbero sembrare non funzionare. Il prossimo passo potrebbe consistere nell’individuare fattori associati alla remissione dietro altri farmaci ad alto costo come rituximab e tocilizumab, dato che potrebbero sussistere sottili differenze fra i profili dei pazienti che rispondono meglio a ciascun trattamento.

Gli studi sulla remissione puntuale suggeriscono che gli inibitori della segnalazione potrebbero funzionare altrettanto bene da soli quanto lo fanno in associazione con il metotrexate, e sarebbe interessante sapere se questo dato si applica anche alla remissione a lungo termine. (Arthritis Care Res online 2016, pubblicato il 26/8)

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